Non se ne parla spesso, ma è un fenomeno molto diffuso: il bimbo, che aveva già imparato a controllarsi, torna a fare la pipì a letto. Capita molto più spesso di quello che si creda, ma sembra ci sia ancora un tabù su una delle difficoltà più comuni tra i bambini. Il termine tecnico per definire quando il bimbo fa la pipì a letto è enuresi notturna. Non basta che succeda in maniera sporadica, però, per parlare di enuresi notturna. Gli episodi devono presentarsi, infatti, con una certa frequenza, e protrarsi per un tempo prolungato.
Capita spesso che i bimbi che hanno già acquisito il controllo dello stimolo per almeno 6 mesi, tornino a fare la pipì a letto. L’enuresi può avere diverse origini. A volte può avere un’origine sintomatica, conseguente ad una patologia, come, ad esempio, un’infezione urinaria. Molto più spesso, però, l’enuresi ha un’origine emotiva. Cosa significa?
La pipì a letto può essere espressione di un momento di complessità che il bambino sta affrontando. Spesso, infatti, l’enuresi notturna si sviluppa in particolari momenti di stress per il piccolo. Situazioni di cambiamento, come un trasloco, la separazione di mamma e papà o l’ingresso a scuola, possono creare situazione di stress emotivo per i bambini. Molte volte si tratta di cambiamenti nella vita del bambino, che necessitano l’assestamento di nuovi equilibri. La pipì a letto può essere intesa come la manifestazione di un momento in cui occorre fermarsi e carcere di capire cosa sta succedendo.
Succede molto più spesso di quello che si pensi, perché è una modalità primordiale che i piccoli hanno per esprimere momento di disagio, preoccupazione o stress. Proprio per questo, solitamente, l’enuresi tenda a risolversi spontaneamente. A volte, invece, il comportamento continua a persistere nel tempo, diventando anche fonte di imbarazzo e vergogna per il piccolo. In questi casi è importante muoversi per gestire la cosa al meglio, cercando di capire quali possono essere i cambiamenti che hanno destabilizzato il bambino e trovare le modalità migliori per farvi fronte.
Il fenomeno della pipì a letto riguarda il 10-15% dei bambini all’età di 6 anni. Esso diventa un problema superati i 5 anni per le bimbe e i 6 anni per i maschietti. Solitamente il fenomeno tende a risolversi spontaneamente e a non protrarsi nel tempo. Altre volte, però, nonostante il passare delle settimane e gli accorgimenti di mamma e papà, il bimbo continua a fare la pipì a letto.
Quando il tempo non sembra risolvere la situazione, è opportuno rivolgersi ad un professionista, che aiuti il bimbo e la sua famiglia ad affrontare nella maniera migliore la situazione. Attraverso tecniche specifiche, infatti, può essere affrontato il problema dal punto di vista comportamentale, supportando il bambino nel controllo dello stimolo della pipì. Allo stesso tempo può essere utile offrire al bimbo uno spazio di parola per gestire il momento di stress emotivo che sta vivendo. E’ importante aiutare il piccolo a dare un nome alle emozioni che sta provando e trovare insieme strategie per gestirle.
A volte, anche se gli episodi sono sporadici, può essere utile rivolgersi a un professionista. Offrire un supporto psicologico anche ai bambini che fanno la pipì a letto saltuariamente, infatti, può essere molto importante. Può succedere che i bimbi vivano questi episodi come disturbanti, fonte di disagio e vergogna. Soprattutto quando sono più grandicelli, ma non solo, questo è molto frequente. Inoltre, è possibile che questi episodi influenzino la vita del piccolo, ad esempio, limitando le gite scolastiche o il campeggio con gli amichetti. Il piccolo si trova a limitare i suoi impegni per la paura di fare la pipì a letto e che qualcuno se ne accorga.
E’ importante, dunque, valutare anche il disagio soggettivo dei bambini, per capire quando è opportuno rivolgersi a un professionista e approfondire la situazione. Se a volte al situazione si risolve con il passare del tempo, infatti, altre volte aspettare rischia di cronicizzare la situazione, incremento il disagio del piccolo.